Dal diario di 213

Sono nata a Gaza e da quando ero bambina avrei voluto andare a scuola e diventare una maestra.
A me, però, non è toccata una vita “normale” come quella dei bambini “normali” che stanno nelle città “normali”.
Io sono nata a Gaza città e a me non è toccato neanche un nome e un cognome come tocca ai bambini “normali”.
Infatti, io sono 213, la duecentrotredicesima vittima che gli israeliani hanno fatto per liberare quattro ostaggi israeliani, a Rafah.
Ostaggi che hanno un nome, un cognome, una famiglia che li aspetta e una vita da vivere.
Io purtroppo sono rimasta soltanto un numero. Il 213 dei 270 palestinesi che l’esercito israeliano ha ucciso per liberare gli ostaggi.

A me piace scrivere e mi resta solo questo diario perchè la mia casa, a Gaza, così come la mia scuola, è stata bombardata ed io sono riuscita a recuperare soltanto alcuni libri che è tutto quello che rimane del mio essere bambina.
Non so chi è che decide che alcune bambine debbano avere tutto in abbondanza e altre, come me, neppure il diritto a lavarci con l’acqua. Perchè quella poca che abbiamo serve per bere.

Io non ho mai chiesto niente a Dio, solo di poter andare a scuola e di studiare e non capisco perchè Dio che è buono e giusto con me è stato così poco generoso.
